il principio del minimo stimolo emilio del giudice
ARTICOLO COMPLETO DI EMILIO DEL GIUDICE E MARGHERITA TOSI
Emilio Del Giudice (Napoli 1940-Milano 2014), fisico e ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’International Institute of Biophysics di Neuss in Germania, medaglia Prigogine 2009 e negli ultimi anni prezioso collaboratore del premio Nobel Luc Montagnier negli studi sulla memoria dell’acqua che hanno avuto risonanza internazionale. Del Giudice aveva al suo attivo numerosissime pubblicazioni in ambito scientifico. Grande esempio di rigore scientifico, di ricerca coraggiosa e sincera, di ironia e di pensiero profondo, il professor Emilio Del Giudice si è sempre fatto apprezzare anche per il suo esemplare concetto di coerenza e il suo sapere completo.
Pioniere della teoria delle stringhe, noto per le sue ricerche sulla fusione fredda realizzate insieme al collega e amico Giuliano Preparata e per gli studi sulla memoria dell’acqua, Del Giudice ci ha lasciato nel 2014, pochi giorni dopo un convegno proprio sulla memoria dell’acqua, insieme a Montagnier, a Roma su idea dell’Ordine dei Medici. Da anni collaborava con il professor Giuseppe Vitiello, con il quale, sempre insieme a Montagnier, aveva di recente firmato alcuni articoli sul Journal of Physics riguardanti risultati straordinari ottenuti da esperimenti sulla capacità dell’acqua di trattenere e trasmettere informazioni. Al convegno di Roma a fine gennaio aveva preso parte anche il chimico Vittorio Elia.
Il principio del minimo stimolo nella dinamica dell’organismo vivente
Sommario:
Da molto tempo la pratica clinica , sia medica che psicologica, ha rilevato l’importanza essenziale dei piccoli stimoli, piuttosto che degli stimoli grandi, per rafforzare la capacità di autoregolazione e autoriparazione dell’organismo vivente.
In questo scritto esaminiamo in particolare la tecnica del massaggio dolce di Eva Reich e alcuni approcci nati nell’ambito dell’osteopatia. Emerge da questo esame il ruolo preminente giocato da quella variabile fisica chiamata “fase”, che nel gergo dei fisici corrisponde al ritmo di oscillazione, rispetto allo scambio di energia, generalmente ritenuto l’elemento fondamentale della dinamica del vivente. Le conseguenze profonde di questo cambiamento di punto di vista sono discusse alla luce dei principi della fisica quantistica.
Introduzione
La relazione tra lo stimolo ricevuto da un organismo vivente e la conseguente risposta è un elemento fondamentale per la comprensione della dinamica profonda di un organismo. Le terapie convenzionali, sia mediche che psicologiche, si fondano, anche se in modo non sempre consapevole, sull’opinione che la risposta di un organismo vivente sia proporzionale allo stimolo ricevuto. Questo fatto è visibile ad esempio nella attitudine della medicina convenzionale a proposito dell’azione dei campi elettromagnetici sugli organismi viventi. Questa azione è considerata trascurabile poiché l’intensità di questi campi è comunemente al di sotto di certi livelli minimi. Allo stesso modo perché gli psicologi comportamentisti trascurano l’importanza dei sentimenti sottili? In un notevole numero di approcci al lavoro sul corpo esiste la prassi di, come si suole dire, “darci dentro”, cioè di costringere il corpo, in particolare il suo apparato muscolare, ad un duro lavoro, considerato “conditio sine qua non” per ottenere un risultato.
Esistono, al contrario, nella storia delle terapie, importanti tendenze che attribuiscono un ruolo decisivo, per la riorganizzazione di un organismo, a stimoli lievissimi, laddove stimoli molto maggiori hanno un’importanza minore o nulla. Citiamo ad esempio la terapia del tocco a farfalla elaborata negli ultimi cinquant’anni da Eva Reich[1]e la così detta biodinamica nata alla fine dell’ottocento dalla intuizione dei medici Still [2], Sutherland[3]e Rollin Becker[4].
Nonostante l’apparenza “eretica” di queste tendenze esse si trovano molto più in accordo con i pilastri della fisiologia classica di quanto non siano le tendenze più diffuse della psicologia e medicina convenzionale. In effetti intorno alla metà dell’ottocento la fisiologia classica fu in grado di stabilire una relazione universale, valida per tutte le specie viventi, sia animali che vegetali, tra stimolo e risposta. Si tratta della legge di Weber e Fechner[5] la quale stabilisce la proporzionalità della risposta, non allo stimolo ma al logaritmo dello stimolo. Per aiutare il lettore non esperto di matematica, riportiamo in figura 1 il grafico della funzione log S/So.
Chiamiando R l’entità della risposta, S l’entità dello stimolo e C una costante di proporzionalità si ha R=C logS/So dove So è un valore particolare dello stimolo per cui la risposta è nulla.
Il grafico riportato in figura 1 ci mostra che quando S è maggiore di So la risposta è positiva, cioè rivolta verso l’esterno: se il mio ginocchio è colpito da una martellata reagisco con un calcio. L’entità della risposta cresce molto più lentamente dell’entità dello stimolo, cosa molto utile per la protezione dell’organismo da stimoli troppo grandi. Tuttavia è stupefacente il risultato dell’esame di ciò che accade quando lo stimolo S è più piccolo dello stimolo soglia So, per il quale si ha risposta nulla. Quando lo stimolo è minore di So l’entità della risposta cresce al diminuire di S, ma acquista il segno negativo, cioè è una risposta non rivolta verso l’esterno, ma verso l’interno; in altre parole l’organismo agisce su se stesso, si ristruttura, si riorganizza, tanto più quanto minore è l’entità dello stimolo.
Ecco dunque una base razionale per la formulazione del principio del minimo stimolo: quanto minore è lo stimolo tanto maggiore è la potenzialità dell’organismo di riformarsi e riorganizzarsi, ciò che è appunto il fine di ogni terapia. Naturalmente il tipo di riorganizzazione dipende dalla natura dello stimolo, cosa che va indagata caso per caso e costituisce lo scopo di questo articolo, che è organizzato nel modo seguente.
Nella sez.2 discuteremo come il principio del minimo stimolo sia emerso all’interno del filo di pensiero iniziato da Wilhelm Reich e continuato da sua figlia Eva.
Nella sez. 3 faremo cenno ad altri approcci incluso il metodo biodinamico [6] fondato anche esso sul principio del minimo stimolo.
Nella sez. 4 daremo le grandi linee di un approccio alla biologia fondato sulla fisica quantistica capace di fornire una base razionale a questi concetti.
Mentre nella sez. 5 trarremo alcune conclusioni.
L’approccio psicodinamico: Wilhelm e Eva Reich.
L’inizio del ‘900 vede una grande rivoluzione scientifica iniziata con il lavoro di Sigmund Freud, in cui si cerca di comprendere le leggi dell’inconscio profondo, cioè di quell’ambito oscuro dell’organismo chiamato da Freud Es che da origine alle pulsioni, alle emozioni, ai sogni e che costituisce una struttura permanente, il carattere, che governa l’insieme dei comportamenti di un soggetto [7], [8].
Da dove emerge l’inconscio di un individuo e la sua personalità? Convinto dell’intrinseca unitarietà della realtà, Freud pensava , con ottime ragioni, che l’Es dovesse emergere in ultima analisi dal mondo degli atomi e delle molecole, usualmente riservato alla competenza dei fisici. Tuttavia Freud pensava con ottime ragioni che la fisica del suo tempo fosse incapace di comprendere l’emergenza della sfera emotiva dalla struttura molecolare del corpo. Ogni incursione di questa fisica inadeguata del suo tempo all’interno della nascente scienza psicodinamica avrebbe comportato la soppressione delle intuizioni più profonde e geniali della rivoluzione in corso a vantaggio di un becero comportamentismo meccanicista. Il problema non era infatti quello di giustificare le scoperte della nuova psicodinamica con una scienza fisica vista come una sacra scrittura incapace di progresso.
Il problema era invece l’opposto: sarebbe venuto il giorno in cui la fisica sarebbe progredita fino al punto di essere in grado di comprendere il mondo della psicodinamica? Non quindi il mondo della psicodinamica sarebbe dovuto andare a lezione dai fisici ma piuttosto i fisici avrebbero dovuto apprendere dalla rivoluzione nata con Freud dove erano i limiti della propria comprensione presente del reale che impedivano di comprendere come la materia a un certo grado del suo sviluppo facesse emergere una psiche. Freud era profondamente ancorato al mondo accademico per cui si rifiutò di affrontare questa impresa, troppo al di sopra delle possibilità della sua epoca e, nonostante i suoi dialoghi con Einstein sulla natura della guerra [9] , consigliò ai suoi seguaci di ignorare la fisica. La saggezza di questo consiglio può essere meglio compresa se si considera il destino di quelle correnti di psicologia o terapia non convenzionale che, alla ricerca di un riconoscimento accademico e/o istituzionale, hanno “cercato il dialogo” con la scienza fisica, chimica e biologica convenzionale fondata, come vedremo nella sezione 4, su una visione della materia come mero aggregato di atomi indipendenti. In questi casi gli indirizzi terapeutici che erano nati da intuizioni relative al funzionamento olistico degli individui, cioè non riconducibili ad un insieme di eventi molecolari indipendenti, non hanno visto riconosciute dalla scienza convenzionale la loro originalità e fecondità e hanno dovuto accontentarsi di un ruolo subalterno come ausiliari del mondo istituzionale, diventando medicine complementari della medicina istituzionale, riconosciuta come l’unica proprietaria della verità: extra institutionem nulla salus. Seguendo questa strada di subordinazione il potenziale creativo della rivoluzione psicodinamica sarebbe sparito completamente, seguendo il percorso di altre rivoluzioni del ‘900.Questo era appunto il giusto timore di Freud . Per fortuna esiste nel mondo anche chi non si sottrae a compiti superiori alle proprie forze e così facendo “dischiude all’avvenir novella via”.
Vi fu un fisico teorico, Wolfgang Pauli, uno dei fondatori della moderna fisica quantistica, che accettò un dialogo alla pari con il mondo della psicodinamica, impersonato nel caso specifico da Carl Gustav Jung [10]. Come si dirà nella sezione 4, la fisica quantistica concepisce la realtà fisica non come un mero aggregato di atomi ma aggiunge ad essi una rete di relazioni non necessariamente localizzabili nello spazio e nel tempo il cui insieme costituisce il vuoto quantistico. Il vuoto è una base non separabile in entità localizzabili che interagisce con tutti gli oggetti localizzabili nello spazio e nel tempo. Esso consente un comportamento olistico della materia poiché può mettere in fase i movimenti di corpi separati, in accordo con l’affermazione di Blaise Pascal: “il tutto è superiore alla somma delle parti”.
Nel dialogo tra Pauli e Jung emersero alcune suggestioni che sono rimaste come semi di sviluppi futuri. Una prima suggestione è che il mondo della psiche, che non può incarnarsi in nessun particolare corpo materiale, possa invece essere l’insieme delle relazioni risonanti stabilite attraverso il vuoto quantistico tra le varie parti dell’organismo, assicurandone un comportamento unitario; la psiche diventa perciò il modo di essere della materia organismica. Queste relazioni risonanti non richiedono un flusso di energia, quanto piuttosto, in accordo con l’intuizione di Prigogine [ 11], una concentrazione dell’energia interna già presente nell’organismo implicante una diminuzione della sua entropia.
Il movimento dell’organismo non è quindi prevalentemente un movimento dall’esterno che richiede un consistente apporto di energia quanto piuttosto un movimento dall’interno fondato sulla riorganizzazione dell’energia interna e messo in moto da stimoli di tipo informativo.
La base razionale del principio del minimo stimolo comincia perciò a delinearsi. Su questo filo di pensiero è utile citare il lavoro di un pioniere pressoché sconosciuto, Ervin Bauer [12], biologo nato in Ungheria durante l’impero austroungarico, educato in Germania alla scuola vitalistica di Driesch [13] , emigrato nella Russia sovietica in quanto coinvolto nella Repubblica Sovietica ungherese del 1919 e infine sparito nelle prigioni staliniane nel 1937. Egli scrisse nel 1935 un trattato di biologia teorica, sparito con lui e ritrovato negli anni ’80 in cui cercava di definire le leggi di un organismo vivente e poneva come punto centrale proprio l’intuizione discussa in precedenza. Una seconda e più profonda suggestione ha a che fare con la natura extratemporale del vuoto quantistico, capace di connettere eventi localizzati in luoghi e tempi diversi.
Jung intuì che questo risultato della fisica quantistica desse luogo a una fenomenologia differente da quella basata su eventi localizzabili nello spazio e nel tempo legati dal principio di causalità [14]. In quest’altra dinamica invece si instaura un processo collettivo implicante eventi localizzati in luoghi e tempi diversi, che diventano perciò eventi sincronici. Si apre una prospettiva affascinante che consente di trovare una base razionale a molte intuizioni prodotte dal mondo della psicodinamica, dalla psicogenealogia di Anne Ancelin Schϋtzenberger [15] alle costellazioni familiari di Bert Hellinger [16]. In tutte queste tendenze si osserva in modi diversi la “presenza”, all’interno della dinamica psichica di persone viventi qui e ora, di esperienze psichiche avvenute in epoche diverse. Discuteremo questo punto in esteso più avanti alla luce dei risultati della fisica quantistica.
Il tema delle basi fisiche della dinamica dell’Es fu ripreso con maggior vigore da Wilhelm Reich, il cui processo di comprensione attraversò tre fasi. In una prima fase che copre gli anni ’20 e gli inizi degli anni ’30, i cui esiti sono sintetizzati nell’opera “L’analisi del carattere” [17], egli si muove sul terreno tracciato da Freud, di cui era uno dei principali assistenti. In questa fase egli si concentrò sugli aspetti dinamici e funzionali delle strutture caratteriali, su come le strutture psichiche dessero luogo a corrispondenti strutture somatiche, il cui insieme veniva a costituire la “corazza caratteriale”. La correlazione tra strutture fisiche e psichiche divenne il centro dell’indagine reichiana e suggerì la strada alternativa di intervenire sulle strutture psichiche anche attraverso un intervento sulle strutture fisiche. Questa prospettiva fu perseguita nel secondo periodo reichiano che copre gli anni ‘30 e che portò alla elaborazione della così detta vegeto terapia [18] . La vegetoterapia riconosce che l’organismo vivente è caratterizzato fondamentalmente da una “pulsazione” originata dal ritmo respiratorio dell’intero organismo. Questa pulsazione dà ad esso la sua unità e la sua armonia; il disturbo psichico corrispondente alla nevrosi nasce da una alterazione della pulsazione in cui la fase di inspirazione, che corrisponde al processo di carica energetica, assume un ruolo dominante rispetto alla fase espiratoria, che corrisponde alla scarica energetica, alla quale è associata la possibilità di provare piacere. In accordo con le concezioni di Freud la nevrosi è vista come conseguenza della soppressione del piacere, ma Reich va oltre poiché comincia ad indagare le modalità fisiche con cui questo processo avviene. L’approfondimento della dinamica di questo processo segna il terzo periodo della ricerca reichiana che va dalla fine degli anni ’30 alla sua morte nel 1957. In questo periodo Reich cerca la base organica della pulsazione del vivente e la riconduce ad una particolare forma di energia da lui definita orgone [19], [20] . All’interno del pensiero di Reich resta ancora oscuro se l’orgone sia una forma di energia, da porre accanto alle altre, come l’energia gravitazionale e quella elettromagnetica oppure sia, come vedremo nella sezione 4, un modo di essere della energia di interazione elettromagnetica tra i componenti dell’organismo, quando questi riescono a sintonizzare le loro oscillazioni individuali. A parte questo problema Reich investigò in profondità la dinamica dell’orgone nell’organismo malato e in questo ambito fu capace di ricondurre la malattia fisica del cancro alla deformazione energetica prodotta dal blocco del principio del piacere [20]. Mentre la vegetoterapia era fondata sul tentativo di allentare la corazza caratteriale attraverso l’esecuzione di esercizi fisici implicanti lo scambio di significative quantità di energia ( questo approccio è stata la principale fonte di ispirazione della bioenergetica di Alexander Lowen [21) , nella fase dell’orgone comincia a farsi strada l’idea che l’oscillazione organismica possa essere un fenomeno di tipo risonante;in esso non è importante l’intensità dell’apporto energetico quanto invece la coincidenza tra la frequenza di oscillazione dello stimolo e la frequenza propria di oscillazione dell’organismo.
Quando questa coincidenza si verifica, e si stabilisce conseguentemente una relazione di risonanza, l’oscillazione propria dell’organismo si autoamplifica, diventa dominante rispetto alle oscillazioni spurie che ne perturbano la dinamica e alla fine le rimuovono. Questo avviene tanto piu’ facilmente quanto più piccola è l’entità dello stimolo, al di sotto del limite a cui entrano in gioco i meccanismi di allarme dell’organismo che danno luogo alla comparsa dello stress e dei conseguenti blocchi energetici.
Invece nel caso di forti stimoli, come quelli connessi con la pratica della vegetoterapia e della bioenergetica, esiste sempre la possibilità che scattino i meccanismi di allarme dell’organismo, si produca stress e nuovi blocchi energetici prendano il posto dei vecchi. Diventa quindi possibile che i processi energetici ipoteticamente “liberatori” che appaiono in queste pratiche possano essere soltanto modalità di difesa della corazza caratteriale di fronte agli stimoli.
La scoperta del principio del minimo stimolo, dovuta principalmente ad Eva Reich, figlia di Wilhelm, segna perciò un salto in avanti fondamentale nella psicodinamica. SEZ 3 Il minimo stimolo nelle terapie corporee. A partire dalla seconda metà dell’ ‘800 e fino ad oggi un gran numero di approcci terapeutici è nato e si è sviluppato al di fuori della medicina e psicoterapia convenzionali, istituzionali. Le terapie istituzionali si fondano sulla scoperta dei “sintomi”, cioè delle deviazioni sia fisiche che psichiche dell’organismo da uno “stato di sanità” definito sulla base della statistica degli organismi “presunti” non malati , e sulla loro conseguente repressione mediante l’uso di appropriate sostanze chimiche (farmaci) oppure di appropriati interventi psicologici. Gli approcci terapeutici alternativi, benché molto diversi tra di loro , convergono prevalentemente sul riconoscimento che l’organismo vivente abbia ricevuto dalla natura una capacità di autoriparazione, la cui entità dipende strettamente dalla possibilità dell’organismo di seguire il ritmo di una propria pulsazione naturale (in questo quadro l’approccio di Reich converge pienamente con quello di queste altre terapie).
L’organismo soffre e quindi “si ammala”, quando la capacità di autoriparazione è ostacolata da una qualche perturbazione che colpisce la pulsazione naturale e la sua capacità di adattarsi ai mutamenti richiesti dall’ambiente; la malattia è quindi sempre una difficoltà di dialogo tra l’organismo e il suo ambiente, cioè l’insieme di altri organismi e oggetti con cui esso è in relazione.
Per superare questa difficoltà l’organismo viene messo in contatto con altre pulsazioni naturali presenti nell’ambiente. Queste sono scelte tra quelle che fanno normalmente parte del processo complesso che è alla base della formazione della pulsazione naturale di quell’organismo e che d’altra parte non appartengano al novero delle influenze disturbanti alla base del conflitto all’origine della patologia. In tal modo la pulsazione naturale riesce a ricostituirsi sulla base del rafforzamento delle sue parti sane .
Le varie proposte terapeutiche differiscono tra loro per la scelta del particolare ritmo naturale da far intervenire in aiuto. Si può adoperare ad esempio il ritmo musicale che l’organismo riconosce come ”bello” (musicoterapia). Il giudizio di bellezza è connesso con la sensazione di piacere interiore che l’organismo riceve dall’ascolto di quella musica. Questa sensazione di piacere è, in accordo con Reich, il segno che l’organismo è di nuovo mosso dalla sua pulsazione naturale e quindi la sua capacità di autoriparazione è di nuovo all’opera. E’ ben noto che la musicoterapia così come le altre forme di arte terapia producono effetti positivi in tutti i trattamenti terapeutici. Il loro effetto terapeutico è tanto più grande quanto maggiore è la partecipazione emotiva dell’organismo coinvolto. Questo coinvolgimento è rafforzato dalla partecipazione attiva del soggetto allo stimolo musicale, come avviene quando la musica non è mera fruizione, ma diventa canto e danza. E’ ovvio che l’effetto è tanto più grande quanto maggiore è la durata dell’esperienza. Nel caso però di malattie molto gravi, come le malattie degenerative, quella che si perde è proprio la capacità di provare piacere e l’organismo, che ha certamente avuto una qualche ragione per ammalarsi, difende la sua “scelta” di malattia opponendosi alla rinascita della capacità di autoregolazione.
Reich aveva appunto sottolineato che l’elemento decisivo di ogni terapia è il trattamento delle resistenze. Ed è appunto qui che il principio del minimo stimolo gioca un ruolo essenziale [22]. Siccome si può presumere che la causa patogena sia meno organizzata dell’intero organismo, essa può rispondere solo a stimoli aventi una intensità non infinitesima. Esiste perciò un intervallo d’intensità dello stimolo, al di sotto di una soglia critica, percepibile unicamente dalla parte sana dell’organismo, per così dire dalla sua “forza vitale”, ed invece non percepibile dalla causa patogena.
Questo stimolo minimo deve naturalmente avere una pulsazione intrinseca capace di risuonare con la pulsazione dell’organismo in condizioni di sanità.
La sua azione determina la crescita per risonanza della capacità di autoriparazione dell’organismo, facendo avvenire tutto ciò all’insaputa della causa patogena che vede ad un certo punto franare il terreno sotto i piedi.
Quanto ora esposto appare come una fantasia ma ad un attento esame si rivela consistente con un certo numero di pratiche terapeutiche, incluso il tocco di Eva Reich [1]. Prendiamo ad esempio l’approccio biodinamico [6] fondato da Rollin Becker [4] nell’ambito dell’osteopatia fondata da Still [2]. Still costruisce il suo metodo a cavallo tra l’800 e il ‘900 su base puramente empirica; egli dichiara di aver preso ispirazione soltanto dall’esperienza e da Dio (per lui l’osteopatia è sacra perché cura con tutta la natura).
Rollin Becker, invece, e il suo maestro W. Sutherland [3] si riferiscono esplicitamente a correnti del pensiero scientifico; in particolare Becker cita esplicitamente la fisica quantistica come fonte d’ispirazione. Riprenderemo questo punto nella sez 4. In questo approccio il soggetto sofferente è esposto per un tempo adeguato ad una pluralità di stimoli provenienti sia dall’ambiente naturale (luci, suoni, forme..) sia dal corpo del terapeuta medesimo che si suppone essere meno sofferente del paziente. Il terapeuta si pone in posizione di ascolto rispetto al paziente, diventa cioè capace di sentire nel proprio corpo, attraverso le proprie pulsazioni, il ritmo di oscillazione del paziente. Può quindi in primo luogo scoprire quali siano le parti del paziente la cui pulsazione è disturbata o irregolare, può cioè fare una diagnosi. Ma questa non è la cosa più importante; la cosa più importante è che il contatto prolungato tra la pulsazione presumibilmente sana del terapista e la pulsazione disturbata del paziente può, nel lungo periodo, rafforzare la capacità di autoriparazione di quest’ultimo. E’ evidente tuttavia l’esistenza di una relazione inversa che produce per il terapeuta il pericolo di ammalarsi, a meno che egli non difenda la propria sanità con una prolungata interazione risonante con le pulsazioni naturali dell’ambiente. Questa interazione risonante di minimo stimolo si riscontra anche in altre pratiche terapeutiche come ad esempio la scansione dei colori [23], [24] oppure l’hado-shiatsu [25], [26] ; in quest’ultima tecnica l’operatore riceve dal contatto con il paziente l’indicazione di quali siano i meridiani bisognosi di trattamento. Il tocco di Eva Reich fa parte di quest’insieme di pratiche terapeutiche in cui il contatto risonante tra pulsazioni avviene per via tattile. Il tocco non è un mezzo per applicare forza o trasmettere energia, come nella pratica del Rolfing, ma l’entità minima indispensabile per trasmettere pulsazioni da un corpo a un altro; non si trasmette energia, ma si trasmette ritmo di oscillazione, proprio come fa un direttore d’orchestra con i suoi orchestrali. Allo stesso modo con cui un direttore d’orchestra trasforma un rumore caotico in una sinfonia, il respiro calmo e regolare della mamma trasforma il pianto disperato del suo bambino in un ritmo tranquillo e pacificato.
Sez 4 L’organismo vivente alla luce della fisica quantistica. L’esperienza ha riconosciuto finora due tipi di movimento degli oggetti: 1) il movimento generato da una causa esterna, che si manifesta come forza e richiede un flusso esterno di energia e/o impulso, 2) il movimento proveniente dall’interno dell’oggetto medesimo o automovimento, movimento spontaneo. Illustriamo questi due movimenti con un esempio. Prendiamo un’automobile nel cui serbatoio siano rimasti pochi decilitri di carburante e un gatto affamato e digiuno da vari giorni. Mentre il gatto affamato impiega le ultime “gocce” di energia rimaste per cercare cibo nell’ambiente, l’automobile non è in grado di utilizzare le ultime gocce di carburante rimaste nel serbatoio per andare alla ricerca del più vicino distributore; essa può raggiungere il distributore soltanto se viene spinta o trainata da un soggetto esterno. Questa è la differenza tra lo stato inerte e lo stato vivente della materia.
La fisica classica fondata da Galileo e Newton nel ‘600 si è concentrata sulla descrizione del solo stato inerte della materia. Attraverso la formulazione del principio d’inerzia essa concepisce anzi l’intera materia come inerte, marcando una forte differenza con le correnti magiche del pensiero rinascimentale che ebbero la formulazione più consapevole in Giordano Bruno [27].
La fisica quantistica, nata all’inizio del ‘900, ristabilisce la possibilità del contatto col pensiero del Rinascimento e anche con la tradizione Romantica, che aveva ripreso i temi dell’automovimento (“e vado e vengo e intesso la veste vivente di Dio” dal Faust di Goethe). La tradizione vitalistica della biologia, particolarmente presente nella Germania dell’800 [13] , deve la sua nascita alla tradizione del Romanticismo.
La tradizione vitalistica ha cercato di mettere al centro dell’attenzione l’automovimento come caratteristica dell’essere vivente. Ma essa incontrò sulla sua strada il muro rappresentato dall’influenza del pensiero della fisica classica nel mondo della biologia. Basti ricordare a tal proposito l’importanza di figure come Von Helmholtz, principale esponente della scuola medica di Berlino, oppure la figura dei “cacciatori di microbi” come Robert Koch.
Freud cerca di mettere al riparo la sua nascente scuola proprio dall’influenza di questa corrente fisicalista della biologia. Torniamo alla fisica quantistica [28] , [29], [30].
La fisica quantistica riconosce il ruolo essenziale giocato dalle fluttuazioni spontanee di tutti gli oggetti fisici che non possono non fluttuare. Mentre la natura degli antichi era caratterizzata dall’ horror vacui, la natura della fisica quantistica è caratterizzata dall’ horror quietis.
Ogni oggetto è caratterizzato sia da fluttuazioni indotte dall’esterno mediante apporti di energia sia da fluttuazioni spontanee. Si definisce stato fondamentale di quell’oggetto, ovvero nel gergo dei fisici ”vuoto”, lo stato di minima energia dell’oggetto. Il vuoto è quindi l’insieme delle fluttuazioni spontanee dell’oggetto. Queste fluttuazioni spontanee impediscono di rendere “chiuso” l’oggetto, poiché esso comunica con l’ambiente proprio attraverso queste fluttuazioni. Un esame approfondito, che richiede l’uso del formalismo matematico della Teoria Quantistica dei Campi, mostra che le fluttuazioni del ritmo di oscillazione dei corpi, che nel gergo dei fisici è denominato “FASE”, si diffondono nell’ambiente in forma di potenziali di particolari campi, denominati nella teoria “campi di gauge”; l’esempio più semplice è il campo elettromagnetico che è il campo che governa le interazioni tra atomi e molecole.
La fase, a differenza della energia, può viaggiare a velocità maggiori della velocità della luce. Questo fatto produce una violazione della causalità nel senso di Einstein. Pertanto le interazioni fondate sulla trasmissione di energia obbediscono al principio di causalità (nessun effetto anteriore all’arrivo della causa) mentre le interazioni fondate sulla trasmissione della fase, in quanto mediate da un messaggero che può muoversi anche a velocità infinita o addirittura andare indietro nel tempo, non seguono il principio di causalità e possono connettere soggetti posti in luoghi e tempi diversi. Di qui la base razionale per comprendere l’origine dei fenomeni sincronici intuiti da Jung. Si aprono a questo punto due possibilità. La prima possibilità si ha quando le fluttuazioni dei corpi e del vuoto restano reciprocamente non sintonizzate dando luogo ad una grande indeterminazione del ritmo di oscillazione complessivo. In questo caso i corpi mantengono la loro individualità, per cui resta possibile determinare con accuratezza la loro struttura atomica; l’oscillazione spontanea non gioca in questo caso un ruolo centrale e la dinamica complessiva, come nella fisica classica, resta consegnata alla dinamica delle forze e delle energie esterne. L’automovimento svanisce e resta il movimento dall’esterno di corpi da considerare quindi inerti. Questo è il mondo descritto dalla biologia molecolare convenzionale, alla base della medicina istituzionale. Ma esiste una seconda possibilità.
In opportune condizioni, chiarite dalla analisi fisica, le fluttuazioni della materia e del vuoto si possono sintonizzare, mettere in fase, entrare in una danza collettiva che richiama l’orgasmo della intuizione reichiana. I fisici chiamano “coerente” questo stato della materia. In questo stato è invece il numero dei componenti a restare indeterminato, mentre il ritmo di oscillazione acquista una definizione sempre più precisa.
Questo risultato è l’espressione di un principio di indeterminazione, valido in fisica quantistica, che afferma che le incertezze del numero di componenti di un sistema fisico e della sua fase sono inversamente proporzionali. E’ evidente che per diminuire al massimo l’incertezza del ritmo di oscillazione di un sistema fisico, e quindi renderlo più coerente, è necessario ampliare il più possibile l’incertezza del numero dei partecipanti alla danza collettiva. Bisogna perciò evitare di chiudere il sistema, cosa che renderebbe costante il numero dei componenti, bisogna al contrario aprirlo il più possibile all’esterno aumentando a dismisura il numero dei potenziali partecipanti alla danza collettiva. E qui sorge il problema centrale.
Per partecipare alla danza collettiva bisogna che i ritmi di oscillazione degli aspiranti partecipanti, in gergo fisico le loro frequenze, debbano essere uguali. Però l’uguaglianza assoluta non esiste in natura; la probabilità che due frequenze siano assolutamente uguali, e non invece poco diverse, è zero. Come possono fare allora questi oggetti a risuonare? Nella loro solitudine non potrebbero mai farlo, occorre un ambiente amico, un ambiente ricco di fluttuazioni di bassissima frequenza, di un rumore diffuso che consenta ai due oggetti fisici, aspiranti ad entrare in risonanza, o, per dirla con Reich, ad entrare in orgasmo, di rubare all’ambiente quella oscillazione piccolissima che colma appunto la differenza e rende uguali le frequenze di oscillazione dei partner. Per facilitare il raggiungimento della condizione di risonanza tra i componenti, un gran numero di piccole oscillazioni è molto più utile di un’unica oscillazione di pari entità complessiva.
Questo meccanismo fisico è stato discusso recentemente nell’ambito della fisica del laser da A.Beige, P. Knight e G.Vitiello [31] . L’instaurazione della coerenza in un sistema fisico apre la possibilità del suo auto movimento. Un sistema coerente è infatti capace di concentrare la sua energia dall’insieme di tutti i suoi gradi di libertà su un piccolo numero di essi.
In tal modo l’energia non vede più la sua direzionalità diluita in mezzo al gran numero di possibilità connesse al gran numero di gradi di libertà, ma acquista la direzionalità proprio attraverso l’eliminazione della agitazione “inutile” delle sue molecole. Quando l’energia è dispersa su un gran numero di gradi di libertà, la variabile chiamata dai fisici entropia ha un valore molto grande, che però diminuisce quando l’energia si concentra su pochi gradi di libertà. L’energia ad alto contenuto entropico può produrre poco lavoro esterno; abbassando l’entropia il sistema fisico acquista la capacità di compiere lavoro esterno, purché ovviamente sia un sistema aperto all’ambiente. Per un sistema fisico acquistare coerenza equivale ad acquistare capacità di auto movimento. Discutiamo ora la rilevanza dei principi introdotti sulla dinamica degli organismi viventi [32] . Un organismo vivente è caratterizzato dall’essere coerente in modo variabile con il tempo, nel senso che le sue frequenze di oscillazione variano nel tempo, proprio come le note di una musica, le lettere di una parola, le parole di un discorso. Si può dire che proprio l’insieme delle frequenze di oscillazione di un organismo, considerato nella sua globalità, costituiscano il modo d’essere di quell’organismo, la sua individualità specifica.
Si può a questo punto azzardare l’ipotesi che sia proprio quest’insieme di oscillazioni coerenti, variabili con il tempo, la base fisica della psiche di quell’organismo, in particolare del suo Es? Si può inoltre avanzare l’ipotesi che l’orgone di Wilhelm Reich sia proprio la forma assunta dal’energia dell’organismo nelle condizioni della coerenza? In tal caso la scomparsa dell’orgone diventa la conseguenza della perdita della coerenza dell’organismo, con la conseguente perdita dell’automovimento e il conseguente ritorno allo stato di materia inerte. Se perciò la conservazione dell’orgone implica il mantenimento della condizione di risonanza dobbiamo richiedere, alla luce di quanto discusso in precedenza, che l’ambiente circostante sia ricco di un gran numero di piccoli stimoli piuttosto che di un piccolo numero di grandi stimoli. Possiamo perciò comprendere meglio il percorso intellettuale di Eva Reich che fu capace di riconoscere che la dinamica dell’orgone scoperta da suo padre poteva svolgersi in modo ottimale soltanto nel quadro di un ambiente governato da minimi stimoli, come richiesto dal principio classico di Weber e Fechner.
Negli ultimi decenni è stato riconosciuto il ruolo centrale dell’acqua ( che costituisce il 70% della massa e il 99% delle molecole di un organismo umano) nella dinamica del vivente e si è osservato come la dinamica dell’acqua liquida presenti caratteristiche analoghe a quelle postulate per l’orgone [32] , [33] , fornendo quindi alla finora misteriosa nozione di orgone una chiara base fisica.
Conclusioni
La connessione del principio del minimo stimolo con le dinamiche della fisica quantistica e in particolare con l’esistenza del vuoto consentono di trovare una base razionale alle terapie non convenzionali discusse all’inizio di questo articolo. Infatti la capacità di autoregolazione e autoriparazione dell’organismo fa parte della sua capacità di auto movimento, che abbiamo visto essere governata dall’esistenza di un regime coerente. L’esistenza di un regime coerente, d’altra parte, come risulta evidente dalla fisica del laser, è resa possibile dall’esistenza di un ampio “reservoir” di piccole oscillazioni esterne capaci di oliare, di lubrificare l’accesso alla condizione di risonanza.
Una delle risonanze importanti nel processo terapeutico è quella tra l’organismo del terapeuta e l’organismo del paziente; risonanza non soltanto mentale ma anche corporea. Attraverso la comune connessione con il corpo del terapeuta, ipoteticamente capace di autoregolazione , le parti energeticamente dissonanti del corpo del paziente possono essere aiutate a riacquistare una coerenza.
Allo stesso modo un aiuto è fornito dall’esistenza di un vasto serbatoio di oscillazioni luminose, acustiche, meccaniche (movimenti leggeri e quindi il tocco), mentali (e quindi la parola) e così via.
Analizziamo in particolare la dinamica indotta dall’uso della parola. La parola , essendo ambigua, si rivolge contemporaneamente sia all’Io che al’Es, sia al pensiero primario che al pensiero secondario. Se la parola resta nell’ambito del razionale, lo scambio, per quanto profondo e illuminante, coinvolge soltanto l’Io. Se invece la parola mantiene l’ambiguità originale, come ad esempio nella poesia o nella metafora, penetra nel profondo e può portare ad intuizioni di guarigione, fondate sulla risonanza tra Io ed inconscio.
Infine bisogna mettere in rilievo la possibilità di risonanze tra eventi lontani nello spazio e nel tempo. Possiamo quindi comprendere la profondità delle intuizioni e delle osservazioni di Anne Ancelin Schϋtzenberger [15] sulla possibilità che eventi accaduti a secoli di distanza abbiano effetti su soggetti purchè essi conservino un legame emotivo con essi. Uno di questi eventi importanti per la vita di un soggetto può essere proprio la sua connessione emotiva risonante con una esperienza positiva avvenuta alla nascita quale è il minimo stimolo del tocco leggero proposto da Eva Reich [1]. Attraverso questo tocco leggero (massaggio a farfalla) si stabilisce il ponte risonante del nuovo nato con la madre e più in generale con la sua genealogia, mediatrice del rapporto con l’intero genere umano [34].
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